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Pompei e Santorini: l’eternità in un giorno

“Terremoti, eruzioni vulcaniche, incendi, inondazioni, diluvi, mutando di colpo, con la faccia della terra, il corso delle società umane, le hanno combinate in modo nuovo, e queste combinazioni, le cui cause prime erano fisiche e naturali, sono divenute, col tempo, le cause morali che mutano lo stato delle cose”

Jean- Jacques Rousseau

Pochi avvenimenti hanno marcato la storia del pensiero moderno più della riscoperta di Pompei nel 1748: quasi 1700 anni prima la pioggia di cenere e lapilli provocata dall’eruzione del vulcano conservò l’antico centro urbano e la complessità della sua vita quotidiana.    Mai come prima di allora è stato possibile leggere la vita degli antichi, rapportandola agli spazi urbani, al rito, alla vita domestica, analizzando i complessi intrecci sociali di una città così antica. Una nuova visione del passato, composta dallo stupore per la riscoperta e dallo sgomento per la catastrofe eruttiva, ha contribuito a fare di Pompei il sito archeologico più importante al mondo. La vita della città vesuviana è rimasta sospesa nelle rovine, nelle sale delle domus e delle terme, nelle suppellettili e nei reperti organici, nei calchi dei corpi che raccontano un mondo lontano, eppure vicinissimo. Come tanta arte e letteratura ci hanno raccontato, a Pompei il presente e il passato si uniscono nell’evocazione di una vita drammaticamente interrotta dalla tragedia del 79 dopo Cristo, eppure, ancora, velatamente presente. La moderna archeologia è nata e prospera nel sito vesuviano, dove il mondo antico ha cominciato a raccontarsi, come un “immenso edificio del ricordo”.

In un clima culturale radicalmente diverso, immerso nel pensiero scientifico del XX secolo, la riscoperta dell’insediamento di Akrotiri a Santorini nel 1967 ha riaperto il ragionamento sul tema della catastrofe naturale e della scoperta. Circa un decimo del sito è stato scavato. L’antico centro minoico, distrutto da una spaventosa eruzione a metà del II millennio avanti Cristo – eruzione che segnò profondamente gli equilibri sociali e politici del Mediterraneo – ha restituito, sepolti sotto la cenere vulcanica, edifici, affreschi, ceramiche e forniture perfettamente conservate. Da quasi 2000 anni. Come a Pompei, i preziosissimi reperti permettono di resuscitare una civiltà ricca e complessa, evocando allo stesso modo la catastrofe che ha messo fine alla sua storia. L’eruzione non causò solo il crollo delle case, ma di un’intera epoca, seppellendola letteralmente sotto svariati metri di materia vulcanica.

La mostra propone un confronto straordinario e inedito fra i due siti antichi, accumunati da un’identica fine. Due interi insediamenti umani furono seppelliti dalle eruzioni, con i loro ideali, il loro credo, le loro culture. Il tema della catastrofe e della rinascita accompagnerà i visitatori in un sorprendente percorso a ritroso nel tempo che li immergerà nella Storia, nella Sorpresa e nel Buio, nella Bellezza.
Pur con modalità diverse, le due antiche città rivelano sotto un mantello di cenere l’istante della fine che diventa elemento d’ispirazione per l’arte. In mostra numerose sono le suggestioni provenienti da un percorso, quasi parallelo, di opere d’arte moderna e contemporanea: da Turner a Damien Hirst, passando per Valenciennes, Warhol, Burri e Giuseppe Penone.

Attività ed eventi

Incontro

08/05/2024

Il Vesuvio: tra origine del mondo e luogo dell’anima

con Sylvain Bellenger, Laura Bossi

Nel corso dell’Ottocento la ricerca sulle origini della Terra e della vita dell’uomo divenne un grande tema di ricerca intellettuale, tanto che schiere di avventurieri e studiosi iniziarono a volgere lo sguardo verso i simboli e gli elementi più maestosi della Natura, tra i quali il grande vulcano di Napoli. Il Vesuvio, motivo di studi e nuove mode artistiche, diverrà una delle tappe centrali del Grand Tour e richiamò a sé, tra le sue incandescenze, le sue acque sulfuree e le sue pietre, artisti e scienziati alla ricerca dell’origine del mondo.



Incontro

28/05/2024

Il Sublime: il problema della forma nell’Ottocento napoletano

con Sylvain Bellenger, Paolo D’Angelo, Andrea Pinotti

“Egli vedrà cogli occhi una torre, una campagna; udrà cogli orecchi un suono d’una campana, e nel tempo stesso coll’immaginazione vedrà un’altra torre, un’altra campagna, udrà un altro suono. In questo secondo genere di obbietti [oggetti] sta tutto il bello e il piacevole delle cose. Trista quella vita (ed è pur tale la vita comunemente) che non vede, non ode, non sente se non che gli oggetti semplici, quelli soli di cui gli occhi, gli orecchi e gli altri sentimenti ricevono la sensazione”. Così scriveva nello Zibaldone Giacomo Leopardi a proposito dell’uomo provvisto di immaginazione.



Incontro a teatro

11/06/2024

Teatro dialettale dell’Ottocento

con Arturo Cirillo, Iaia Forte, Sabatino Trombetta

In pieno Ottocento a Napoli si afferma il teatro dialettale, una cultura alta e internazionale di grande influenza che però riesce anche a conservare una tradizione popolare, mescolando alto e basso e tentando di leggere i mutamenti del presente. E così al Teatro Nuovo di Napoli andarono in scena i nuovi registi di teatro dialettale, da Antonio Pepito fino, a fine secolo, Eduardo Scarpetta.



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