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Da Caravaggio a Bernini. Capolavori del Seicento italiano nelle collezioni reali di Spagna

Attraverso una straordinaria selezione di dipinti e sculture, la mostra Da Caravaggio a Bernini. Capolavori del Seicento italiano nelle Collezioni Reali di Spagna riflette gli strettissimi legami politici e le strategie culturali stabilite tra la corte spagnola e gli stati italiani nel corso del XVII secolo.

Ad arricchire le raccolte d’arte della dinastia asburgica contribuirono i frequenti doni diplomatici da parte dei governanti italiani, determinati a guadagnarsi il favore dei sovrani di Spagna che con i loro possedimenti – il Viceregno di Napoli e lo Stato di Milano – condizionarono dalla metà del Cinquecento l’evoluzione della complessa situazione politica italiana. È questo il caso di due tra i dipinti più spettacolari in mostra, Lot e le figliedi Guercino e La conversione di Saulo di Guido Reni, donati a Filippo IV dal principe Ludovisi allo scopo di garantire la protezione spagnola sul minuscolo Stato di Piombino.

Moltissime altre opere d’arte, tra le quali il magnifico Crocifisso del Bernini proveniente dal Monastero di San Lorenzo del Escorial, opera raramente accessibile al grande pubblico, vennero commissionate o acquistate da mandatari del re; altre ancora vennero ordinate o comprate, come nel caso della Salomè di Caravaggio, dai rappresentanti della monarchia spagnola in Italia (ambasciatori e viceré) inviati presso la corte pontificia o a Napoli, alla morte dei quali le opere andarono ad accrescere le collezioni reali.

L’interesse per la cultura italiana da parte dei sovrani spagnoli si riflette inoltre negli inviti a lavorare a corte rivolti a maestri quali il napoletano Luca Giordano, attivo in Spagna per un decennio. Ed è testimoniato infine dai viaggi in Italia di alcuni artisti spagnoli, come José de Ribera, che giunse a Roma nel 1606 e trascorse la maggior parte della sua vita a Napoli. Di questo artista la mostra espone cinque capolavori tra cui il celebre Giacobbe e il gregge di Labano.

Il primo soggiorno di Velázquez in Italia, tra il 1629 e il 1630, si rivelò fondamentale per la sua pittura, come dimostra l’eccezionale Tunica di Giuseppe, tra i maggiori raggiungimenti della sua intera opera, mentre il suo trionfo come ritrattista presso la corte pontificia avvenne in occasione del suo secondo viaggio italiano tra il 1649-1650.

Nel 1819, per volere del re Ferdinando VII, venne creato il Museo Real – in seguito Museo del Prado – in cui furono raccolte opere provenienti per la maggior parte dalle Collezioni Reali. Quelle che non vennero trasferite nel museo rimasero presso le residenze a disposizione dei monarchi, i cosiddetti Reales Sitios. Nel 1865 la regina Isabella II rinunciò alla proprietà personale dei beni ereditati dai propri antenati e ne cedette la gestione allo Stato, ponendo le basi di quello che oggi è Patrimonio Nacional. E’ da questo straordinario fondo collezionistico, a tutt’oggi sottoposto alla tutela di Patrimonio Nacional, che i capolavori oggi presentati a Roma sono stati selezionati sulla base del loro eccezionale valore artistico e storico.

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Incontro

08/05/2024

Il Vesuvio: tra origine del mondo e luogo dell’anima

con Sylvain Bellenger, Laura Bossi

Nel corso dell’Ottocento la ricerca sulle origini della Terra e della vita dell’uomo divenne un grande tema di ricerca intellettuale, tanto che schiere di avventurieri e studiosi iniziarono a volgere lo sguardo verso i simboli e gli elementi più maestosi della Natura, tra i quali il grande vulcano di Napoli. Il Vesuvio, motivo di studi e nuove mode artistiche, diverrà una delle tappe centrali del Grand Tour e richiamò a sé, tra le sue incandescenze, le sue acque sulfuree e le sue pietre, artisti e scienziati alla ricerca dell’origine del mondo.



Incontro

28/05/2024

Il Sublime: il problema della forma nell’Ottocento napoletano

con Sylvain Bellenger, Paolo D’Angelo, Andrea Pinotti

“Egli vedrà cogli occhi una torre, una campagna; udrà cogli orecchi un suono d’una campana, e nel tempo stesso coll’immaginazione vedrà un’altra torre, un’altra campagna, udrà un altro suono. In questo secondo genere di obbietti [oggetti] sta tutto il bello e il piacevole delle cose. Trista quella vita (ed è pur tale la vita comunemente) che non vede, non ode, non sente se non che gli oggetti semplici, quelli soli di cui gli occhi, gli orecchi e gli altri sentimenti ricevono la sensazione”. Così scriveva nello Zibaldone Giacomo Leopardi a proposito dell’uomo provvisto di immaginazione.



Incontro a teatro

11/06/2024

Teatro dialettale dell’Ottocento

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In pieno Ottocento a Napoli si afferma il teatro dialettale, una cultura alta e internazionale di grande influenza che però riesce anche a conservare una tradizione popolare, mescolando alto e basso e tentando di leggere i mutamenti del presente. E così al Teatro Nuovo di Napoli andarono in scena i nuovi registi di teatro dialettale, da Antonio Pepito fino, a fine secolo, Eduardo Scarpetta.



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